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Fame e OGMAi primi di agosto dai titoli dei giornali l'approvazione dell'uso degli organismi geneticamente modificati (OGM) da parte del Vaticano veniva data per certa ed imminente, con la motivazione che servirebbero per combattere la fame nel Mondo. Ma in un successivo comunicato mons. Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, affermava che la decisione definitiva è demandata ad una riunione di studio d convocare in autunno.La notizia ha comunque messo in fermento il mondo cattolico e ha ricevuto reazioni preoccupate da parte di associazioni del volontariato, come i "Beati i costruttori di pace". Vediamo perché. Anche se "geneticamente modificati" avrebbe un significato più ampio, per OGM (o alimenti transgenici) si intendono comunemente quei prodotti agricoli migliorati attraverso il trasferimento di geni da altri organismi che permettono alla pianta di acquisire caratteristiche non possedute dalla pianta originaria. Facciamo un esempio. Esiste un batterio, usato anche nei programmi di lotta biologica, (Bacillus turingensis) che attacca solo alcune famiglie di insetti e produce una tossina la cui innocuità per tutti gli altri animali è ampiamente dimostrata. Attraverso tecniche di ingegneria genetica si riesce a trapiantare il gene nel Mais e in altre piante come la Soia, che diventano quindi resistenti alle larve di Piralide, una farfalla capace di divorare anche il 40% dei raccolti. Un'altra applicazione è quella di inserire geni che rendono la pianta resistente a un erbicida, che risulta quindi essere un prodotto sicuro per quella coltura e letale per qualsiasi infestante. Verso questa tecnica sono state mosse molte obiezioni, sia sull'applicazione specifica, che sulla tecnica in generale. C'è il timore che il mais diventato insetticida stermini anche specie di insetti utili e che i geni si diffondano in natura su specie affini. Inoltre la tecnica non può essere ancora considerate "pulita" nel senso che non è in grado di isolare e trasferire un singolo gene e quindi le piante transgeniche potrebbero produrre sostanze estranee alla nostra alimentazione. Su queste preoccupazioni si basa il divieto di coltivazione degli OGM nella Comunità Europea, contro il quale gli Stati Uniti hanno presentato ricorso presso il WTO. Ma non è di questo che vogliamo occuparci, bensì del fatto che gli OGM servirebbero per combattere la fame nel Mondo. La semente di Mais venduta dalle multinazionali è un prodotto costoso, di alta tecnologia, realizzato con la tecnica dell'ibridazione di linee pure. La produzione di questo seme prevede innanzi tutto un grosso lavoro di ricerca e sperimentazione, poi viene la riproduzione delle linee di base e il loro incrocio per ottenere la semente commerciale, il tutto in condizioni di isolamento da altre coltivazioni della stessa specie. Come si può facilmente capire questo richiede una organizzazione colossale, fuori dalla portata anche di una ditta sementiera di medie dimensioni, non parliamo poi di una singola azienda. Il seme così ottenuto ha anche una caratteristica: il prodotto non può a sua volta essere usato come semente. Se provassimo a usare per la semina i chicchi di una pannocchia di mais ibrido otterremmo un'insieme di piante di caratteristiche estremamente diverse fra loro, cosa assolutamente incompatibile con le esigenze della moderna agricoltura. Quindi per il rifornimento di questa costosa semente gli agricoltori sarebbero sempre dipendenti dalle ditte estere. Il Mais transgenico si inserisce in questo scenario e lo aggrava, nel senso che risulta ovviamente più costoso ed aggrava la dipendenza dei poveri dalle multinazionali. Se poi la pianta viene resa resistente ad un erbicida, si crea una doppia dipendenza, sia dalla semente che dall'erbicida. E, guarda caso, la Monsanto produce entrambe. Vi sono anche altri problemi. Abbiamo detto che la produzione richiede grossi capitali, anche per i forti costi per la ricerca e la sperimentazione, per ammortizzare i quali occorre ampliare il mercato quanto più possibile. Come risultato pratico gli ibridi coltivati in Italia non sono il risultato di specifiche ricerche, ma semplicemente quelli che danno i migliori risultati in zone degli Stati Uniti che hanno un clima simile al nostro. Nel nostro paese gli ibridi hanno portato a risultati produttivi veramente strabilianti, ma questo ha avuto un prezzo: la minaccia della scomparsa delle varietà locali, meno produttive, ma portatrici di preziosi geni sicuramente adattati ai nostri ambienti. Se questi geni non sono scomparsi è merito della ricerca universitaria che ne cura la coltivazione, ma non è detto che tutti i paesi del terzo mondo possano permettersi questo "lusso". Ecco quindi quali sono i rischi degli OGM: la dipendenza dall'estero e la perdita della biodiversità. Sulla base di considerazioni come queste il governo dello Zambia, sulla base di un documento elaborato dai religiosi del Jesuit Centre for Theological Reflection di Lusaka, ha rifiutato l'offerta statunitense di importare alimenti contenenti OGM. Inoltre non sono piante come il Mais o la Soia che risolveranno il problema della fame. La gran parte del raccolto di queste colture non serve per l'alimentazione umana, ma per uso zootecnico. La ricerca sugli OGM serve innanzitutto ad un'agricoltura ricca, che produce bistecche per i barbecue e hamburger per i McDonald. Proporle per il Terzo Mondo è solo un modo per allargare il mercato e, peggio ancora, un'operazione di facciata. La lotta alla fame sarebbe, in definitiva, una specie di Cavallo di Troia per far accettare all'Europa, mercato ben più consistente dell'Africa, questa nuova tecnologia i cui inconvenienti sul piano biologico non sono ancora da escludere e quelli sul piano economico sono invece sicuri. Torna all'indice |
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