Loreto21
Foto di Riccardo Ghinelli
Una parte dei fedeli.
Al centro Enrico Ghinelli, amico di Alberto Marvelli, con la moglie Rossana. Leggete la sua testimonianza.


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Un ricordo di Alberto Marvelli

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Quando Alberto Marvelli morì io avevo vent'anni, ma fin da ragazzo, frequentando l’oratorio Salesiano, sono rimasto colpito da questo giovane che animava la liturgia in chiesa, che ci coinvolgerà nell'intensità della preghiera e del catechismo, ma che, soprattutto, ci dava un fulgido esempio di come comportarci nella vita durante la nostra crescita. Di Alberto, degli anni precedenti alla sua morte, sono emerse numerose commoventi testimonianze della sua spiritualità, della sua totale dedizione a Cristo ed alla Chiesa e del suo impegno nel campo della carità e del sociale.

Mi limiterò a rendere noti alcuni episodi in cui sono stato con lui personalmente coinvolto e che evidenziano la sua umanità ed il suo costanteinteresse per l'uomo. Si era in tempo di guerra; Alberto propose ai giovani una gita in bicicletta con meta il castello di Gradara.

Dopo la visita al castello raggiungemmo Casteldimezzo, ove partecipammo alla S. Messa e successivamente consumammo il pranzo al sacco.

A tempo debito, si affrontò il viaggio di ritorno che, ben presto, si trasformò in una spontanea gara ciclistica. Io, che ero il più giovane e con una bicicletta inadatta alla mia statura, non riuscii a sostenere il ritmo e rimasi solitario, buon ultimo. Cominciava a calare la sera e mi trovavo ancora in prossimità di Miramare, quando, nella penombra del crepuscolo vidi arrivare Alberto che mi veniva a cercare. Si affiancò a me e, visto che ero affaticato, cominciò a darmi vigorose spinte per aiutarmi. È un episodio di una semplicità quasi banale ,ma che ha lasciato in me un segno, perché molte volte nella mia vita, in occasione di sconforto per vicende dolorose, ho chiesto ad Alberto la spinta ed il coraggio per superarle.

Nei momenti più cruciali della guerra, Alberto fu presente, per noi riminesi, nel campo della carità e nelle circostanze critiche. In quel periodo, avevo diciotto anni; ero sfollato vicino a Rimini, a S. Lorenzo a Monte sulla strada che collega Vergiano, percorsa quotidianamente da lui in bicicletta. Avendo occasione di vederci spesso, ci scambiavamo notizie sui nostri comuni amici e questo era perme di grande conforto anche perché egli mi esortava ad essere sempre attivo nella preghiera ed a mantenermi saldo nella Fede.

Ad un certo punto gli manifestai il grosso timore che avevo di essere catturato dai fascisti, in quanto renitente alla chiamata alle armi, per essere inviato poi al lavoro coatto in Germania.

Poiché Alberto, in quel periodo, era dipendente di un'impresa edile, precettata dai tedeschi per lavori militari, mi procurò un documento che mi permetteva di lavorare per loro senza correre rischi. Si lavorava nei pressi del Santuario delle Grazie e lui veniva ogni mattina per registrare le presenze, ci faceva pregare e ci incoraggiava.

Di questo fatto mi è rimasto impresso unparticolare: il soldato tedesco, che ci sorvegliava continuamente, vedendoci fare il segno della Croce, prese a fare anche luilo stesso gesto e questo fece in modo che cambiassero i rapporti con lui in quanto, quello che noi consideravamo un burbero aguzzino, diventò, in breve, un fratello, travolto come noi dagli eventi. Ad un certo momento, poiché si stava avvicinando il fronte della guerra, Alberto, a tempo debito, ci raccomandò di renderci latitanti e così facemmo.

Molti altri particolari della sua fulgida presenza fra noi giovani dell'oratorio Salesiano, sono rimasti come compagnia nella mia vita.

  • La sua attività nella filodrammatica aveva il suo culmine di espressione nella figura del centurione romano, che lui rappresentava, nella Passione di Cristo ai piedi della Croce, chiedendogli perdono in lacrime in nome di tutta l'umanità.
  • Alberto versò altre lacrime quando, nella chiesa di Maria Ausiliatrice, mani sacrileghe profanarono l'immagine del Sacro Cuore.
  • Ricordo ancora, come fosse oggi, il momento in cui lui mi venne vicino in chiesa e, con discrezione, mi mise all'occhiello della giacca il distintivo dell'Azione Cattolica, cosa che io ho subito considerato come una promozione sul campo.
  • Infine ricordo, ancora la numerosa e composta partecipazione di noi giovani, assieme a tutta la città, al suo funerale ed in particolare, le ore trascorse nella veglia di preghiera accanto al suo corpo vestito di bianco.

Nel trascorrere degli anni della mia vita, nonostante periodi di rilassamento nella Fede, la sua memoria ed il suo esempio sono stati il pilastro che mi ha permesso poi di raccogliere e fare tesoro dei segni positivi che il Signore mi ha mandato, attraverso la compagnia di fratelli maggiori della Fede, specie in circostanze tragiche e dolorose.

Le parole da lui scritte nelle sue memorie: "Il nostro procedere nella vita spirituale deve essere un salire continuo e deciso" sono state accolte e fatte mie con la convinzione che la vita ed il tempo della vita ci sono dati per diventare sempre più veri, sempre più noi stessi. Diventare sempre più veri significa cambiare la nostra falsa coscienza di essere padroni di noi stessi e di arrivare alla consapevolezza di appartenere totalmente ad un Altro. Per questo Alberto, nella sua pur breve vita, ha raggiunto il definitivo traguardo della santità.

Enrico Ghinelli

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