Rifugi
Guardo un film sulla crisi dei missili a Cuba. Sembra sia stato il momento, durante la guerra fredda, in cui siamo andati più vicini ad una guerra nucleare. Più volte nominano Berlino ed ogni volta mi ricordo del rifugio atomico che abbiamo visitato sotto la Kufusterdam, la via più elegante.
Quattro piani sotto terra, una doppia porta blindata, comandata da lontano. Un cartello alla parete: spogliatevi comlpletamente e fate una doccia. Non doveva entrare polvere radioattiva. Non doveva entrare nemmeno una persona in più delle 3.124 previste. Tutto nel rifugio era calcolato per fare sopravvivere 3.124 persone per quindici giorni. Per questo le porte erano due: per contare chi arrivava e farli entrare a piccoli gruppi.
Dentro, la luce è azzurra, per uccidere i microbi, che in un ambiente simile avrebbero prosperato. La gran parte dello spazio è occupata da brande, quattro file sotto un soffitto non molto alto. I bagni sono ridotti al minimo. Esiste una cucina, ma non è in grado di cucinare più di qualche pasto. Una stanza ha ventiquattro posti ad uso infermeria. In una specie di sottoscala è previsto lo spazio per i cadaveri. Non ho visto in altri posti un simile sfruttamento dello spazio, se non in un sottomarino, o nei lager.
Il tutto servito da riserve idriche e impianti di depurazione dell’aria. Tutto calcolato per 1.324 persone per quindici giorni. Dopo di che le porte si sarebbero aperte e gli occupanti sarebbero dovuti uscire.
E tutto questo era molto meglio di quello che li aspettava fuori.