Sono triste
Vorrei tenere un tono sempre allegro nel blog, ma stasera non posso.
Vedevo Andrea la mattina mentre andavo a scuola e mentre tornavo a casa. Se ne stava sulla sua panchina in via Flaminia con la sua bici e le sue povere cose. A volte dormiva, a volte se ne stava a guardare la gente che passa. Mi chiedevo perché dormisse lì, quando avrebbe potuto trovare un posto alla Capanna di Betlemme. Aveva proprio l’aspetto del barbone, corpulento, con una lunga barba brizzolata e i vestiti sporchi.
Naturalmente, visto che andavo e venivo dal lavoro, passavo di fretta. Ero incuriosito, lo guardavano e qualche volte ricambiava il mio sguardo.
Poi, questa mattina, ho letto e ho capito subito che era lui il barbone a cui avevano dato fuoco.
In tanti ci siamo chiesti perché.
Per me è stato uno choc molto grosso.
Solo due giorni fa avevamo chiuso una mostra su Don Oreste Benzi, nell’anniversario della sua morte. Per una settimana avevo visto migliaia di persone sorridere e commuoversi davanti alle immagini e alle frasi di Don Oreste. Ora, due giorni dopo, nella città dove ha lasciato l’impronta più netta, qualcuno ha compiuto quel gesto, per cui non ho aggettivi.
Mi sono immaginato il viso di Don Oreste, in una di quelle espressioni dure, di dolore profondo, che forse pochi hanno visto, ma che sapevano esprimere uno sconfinato dolore. Espresioni che erano tanto più significative quanto erano lontane da quel sorriso che lo faceva amare da tutti.
Don Oreste, cosa avresti detto? Forse che un gesto simile è espressione del disprezzo della vita? Che riflette il vuoto in cui sono lasciati i nostri giovani? O forse che non dovevamo lasciarlo solo, che se stava sulla strada era perchè si sentiva rifiutato.
Ma sono sicuro di una cosa: che si sarebbe preoccupato anche di chi ha compiuto quel gesto, per chiedergli di incontrarsi, di parlare. Per dirgli che, se avesse avuto bisogno, lo avrebbe aiutato.
Perché Don Oreste sapeva vedere in Cristo in tutti, ma proprio in tutti.