Due agosto
In una sua poesia Wisława Szymborska descrive molto bene qualcosa di simile a quello che accadde a mio padre il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.
Il terrorista, lui guarda
La bomba esploderà nel bar alle tredici e venti.
Adesso sono appena le tredici e sedici.
Alcuni faranno in tempo a entrare,
alcuni a uscire.
Il terrorista ha già attraversato la strada.
Questa distanza lo protegge da ogni male,
e poi la vista è come al cinema.
Una donna con il giaccone giallo, lei entra.
Un uomo, con gli occhiali scuri, lui esce.
Ragazzi in jeans, loro parlano.
Le tredici e diciassette e quattro secondi.
Quello più basso è fortunato e sale sulla vespa,
quello più alto invece entra.
Le tredici e diciassette e quaranta secondi.
La ragazza, lei cammina con un nastro verde nei capelli.
Ma quell’autobus all’improvviso la nasconde.
Le tredici e diciotto.
La ragazza non c’è più.
Se è stata così stupida da entrare, oppure no,
si vedrà solo quando li porteranno fuori.
Le tredici e diciannove.
Più nessuno che entri, pare.
Invece esce un grassone calvo.
Sembra che si frughi nelle tasche e
alle tredici e venti meno dieci secondi
rientra a cercare i suoi miseri guanti.
Sono le tredici e venti,
il tempo come scorre lentamente.
Deve essere ora.
No, non ancora.
Sì, ora.
La bomba, lei esplode.
Quel giorno mio padre, lui fece come l’uomo con gli occhiali scuri.