Vacanze in barca
Stavo per alzare la mano quando Ombretta Colli ha chiesto “Chi non ha mai fatto una vacanza in barca?”
Poi mi sono ricordato: ma certo, come no, a dodici anni con gli Scout.
Una corvetta della Marina ci ha portati fino a Monfalcone, dove avevamo spedito le nostre barche a remi. Da lì siamo partiti, vogando in sei per barca, più uno la timone. Piccole barche, dove troviamo posto noi, gli zaini e la cassa con il materiale per cucinare. Risalivamo il fiume Isonzo, un viaggio fra l’acqua, il verde e il cielo. Alla mattina voga, poi montare la vecchia tenda militare americana e cucinare su un fuoco di legna. Poi al pomeriggio giochi.
A un certo punto l’avventura, quella vera, non programmata. La corrente si fa forte, l’acqua bassa, proviamo a scendere e spingere. Niente da fare, un’indicazione dei capi e si porta la barca verso la sponda più lontana, dove c’è un terreno dov’è possibile accamparsi. Ma siamo lontani dalle case, il sacerdote che ci accompagna fa la spola con la macchina per riempire le taniche di acqua. Nella notte, nubifragio, il vento fa cadere le povere tende. Marcia notturna, fino al fienile, sopra la grande stalla dell’azienda vicina. Il contadino disfa per noi le balle di paglia che ci fanno da coperta. Il giorno dopo, mente lavoriamo per rimettere in sesto l’attrezzatura ed asciugare i panni, Arrigo conia il motto del campo. “Isonzo, Isonzo, che fiume strano!”. Ripartiamo, dopo che i più grandi hanno portato le barche oltre la zona delle correnti forti. Un paio di giorni placidi sul canale Isonzato, alternando voga e giochi. Intanto a Rimini i nostri genitori hanno saputo del nubifragio e partono al nostro soccorso. Girano in auto per l’intera giornata, non ci trovano, è ora di tornare. Prima di risalire in auto una mamma grida disperata il nome del figlio “Angelo!”. Dall’altra parte del canale Angelo si affaccia dall’argine “Ciao mamma, cosa c’è?”.
Poi arriviamo alla laguna di Grado, tappa lunghissima, col vento contro. Arriviamo tardi, le quattro del pomeriggio, piantiamo la tenda, mangiamo, poi un pisolino. Al risveglio ci troviamo di fronte al mistero di un campo silente e di un cartoccio di salumi comparso sulla porta della tenda: avevamo dormito fino all’alba del mattino dopo e i capi ci avevano lasciato la cena davanti alla tenda. A questo punto il campo diventa fisso si possono iniziare giochi in barca. Solo che non conoscendo le regole della laguna ci troviamo impantanati nella bassa marea a spingere le barche in una spanna d’acqua, con le gambe che affondano nella melma putrida. Ma riusciamo lo stesso a combinare il grande gioco finale.
Poi si torna e non si vede l’ora di ripartire.
Chissà se Formigoni si è divertito così tanto nelle sue vacanze in barca.