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Specchio antico

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Ora vediamo come in uno specchio antico (San Paolo)

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Internet: la destra non ce la può fare

Patetico l’on. Stracquadanio quando per giustificare la sconfitta ai referendum evoca legioni di statali militanti di sinistra che sul lavoro fanno propaganda politica invece di lavorare.

La verità è un’altra.

Una volta pensavo che Internet avesse un po’ la funzione degli Ewok in Guerre Stellari: un elemento sbucato dal nulla e capitato al posto giusto nel momento giusto per permettere la vittoria dei buoni.

Ma questo non spiegherebbe perché Internet venga usato più (e meglio) dalla sinistra che dalla destra.

In fondo è lì per tutti, costa poco e non è difficile accedere.

Ma alla destra manca una cosa importante: la mentalità.

Perché Internet è nato dalla cooperazione fra ricercatori e le sue applicazioni funzionano secondo logiche collaborative.

Per usare Internet occorre essere in questa logica. Chi è legato a logiche competitive, non riuscirà mai a gestire efficacemente un blog, non avrà mai successo in una newsletter. Faticherà a collaborare con Wikipedia e  non si fiderà delle sue informazioni. Non apprezzerà fino in fondo, e quindi non saprà sfruttare, le possibilità di un social network.

Chi è prigioniero della logica del profitto non può capire cosa spinga le persone a fare quello che sto facendo ora. Non può utilizzare la rete per cose che non danno profitto immediato.  Non comprende e quindi diffida e sta lontano. L’unica cosa che può fare è demonizzare la Rete e chi la usa.

Come fa Stracquadanio.

Dalle persone alle cose

Superciuk

Superciuk

Pensate a un politico che dica : “Vogliamo far pagare meno tasse ai più ricchi e di più a tutti i contribuenti indiscriminatamente”.

Cosa succederebbe? Probabilmente il suo stesso partito lo smentirebbe, nessuno può presentarsi davanti agli elettori, dire una cosa del genere e sperare di essere eletto.

Invece quando Tremonti afferma “Vogliamo spostare la tassazione dalle persone alle cose” oppure vogliamo diminuire l’IRPEF e aumentare l’IVA”, dice la stessa cosa e la passa liscia.

Perché di questo si tratta. L’IRPEF è imposta personale ed è progressiva per scaglioni. Questo vuol dire che si paga sul totale delle entrate della persona e il suo importo cresce più che proporzionalmente al reddito. In poche parole sulle fasce più basse di reddito il prelievo è leggero (per tutti) e sulle fasce più alte è più pesante (per chi ci arriva).

Mentre l’IVA è reale (dal latino res = cosa) e proporzionale.  Si paga sugli acquisti ed ha un’aliquota uguale per tutti. Al più può essere diversa per i generi di prima necessità.  Ma un vestito, ad esempio, può essere di gran lusso e pagherà comunque come una t-shirt. Paga l’IVA allo stesso modo chi riceve la pensione sociale e chi è imprenditore. Essendo indipendente dal reddito finisce con l’incidere maggiormente sui redditi più bassi.

Torna Superciuk, il personaggio di Max Bunker che nei fumetti di Alan Ford rubava ai poveri per dare ai ricchi. Solo che questa volta non fa lo spazzino, ma il ministro dell’Economia.

Fatti su Pisapia

Dopo aver spammato qua e là i miei contributi alla conoscenza delle malefatte di Pisapia, li raccolgo qui, con due inediti.

Un proverbio dei fisici del CERN di Ginevra recita:

“Se si muove Pisapia

tosto cresce l’Entropia”

Roberto De Mattei, vice presidente del CNR, dice che Pisapia è “Voce della bontà di Dio. Come lo tsunami”.

D’altronde è noto che un battito di ciglia di Pisapia a Milano può scatenare un temporale a Tokio.

Fra i progetti di Pisapia c’è la costruzione di una fontana in Piazza Duomo. Per fare abbeverare i cavalli dei Cosacchi.

Pisapia distrugge i quadrati costruiti sui cateti. E anche quello sull’ipotenusa.

Pisapia ha detto a Luke Skywalker: “Luke, sono tuo padre”.

Se…

Se la gente va a dormire fuori perché crede a un terremoto annunciato da un bigliettino inesistente di un sismologo dilettante, morto che non ne ha mai presa mezza, allora può anche votare Silvio Berlusconi.

Ma era necessario?

Disclaimer. Questo post tratta di un argomento scabroso, anche se non scenderò in dettagli. Inoltre l’argomento è assolutamente futile, per non dire stupido. Quindi potete fare a meno di leggerlo. In ogni caso non vi dirò mai quale effetto ha avuto la cosa sulla mia autostima.

La cosa non è grave, quando me ne sono accorto ho anche riso. Non riesco a spiegarmi la ragione, anche se non perderò il sonno per  questo. Una spiegazione potrebbe essere quella che chi ha steso il progetto è una donna. Non gliene faccio una colpa, è una situazione in cui non si è mai trovata e avrebbe avuto oggettive difficoltà a mettersi nei panni di un maschio. Penso anche capire che il rendering 3D possa visualizzare realisticamente gli ambienti, ma che non sia programmato per simulare quella particolare circostanza. Del resto la scelta progettuale di fondo è corretta, lo sanno anche i bambini che gli specchi negli ambienti piccoli allargano gli spazi.

Ma quello specchio dietro al water del bagno del Frecciarossa, deve proprio arrivare così in basso?

Responsabili

Responsabili

Responsabili

Occhi per l’Africa

Botswana - Parco del Chobe

Botswana - Parco del Chobe

Pare che le cellule sensibili al blu nel nostro occhio siano poche e in posizione priferica. Per chiarire  il mistero il professor Gasper Tkacik ha raccolto  5.000 foto scattate in Botswana.  Le ha poi analizzate con un particolare algoritmo al computer e ha stabilito che la configurazione delle cellule sensibili al blu che raccoglie il maggior numero di fotoni da quelle immagini è molto vicina a quella dell’occhio umano. Quindi ne ha dedotto che l’occhio umano si è evoluto nella Savana africana.

Chissà se questa è una delle ragioni di quel mal d’Africa che ci assale alla vista dei paesaggi di quel continente.

Aribid

Ancora bid di Berlusconi. Il Governo annuncia che bombarderemo la Libia. Bossi presenta una mozione contro? “La mozione della Lega può essere condivisa”.

Il bid

Si chiama bid un esercizio che fanno i clown. Una loro  caratteristica è quella di dire sempre sì, perché questo attira simpatia. Così nei laboratori di clowneria ci si esercita a improvvisare situazioni in cui si deve sempre acconsentire. Ricordo una volta con Corrado Nuzzo. Ero un aspirante ad un posto di lavoro che volevo assolutamente ottenere, senza però sapere di cosa si trattasse. Così dovetti dimostrare di essere pronto a tutto, senza che mi venisse rivelato cosa mi si chiedeva. Finché Corrado non mi chiese “Ma lei è un cretino?” ed io, trionfante “Vi serve un cretino!”.

Adesso a fare il bid pare tocchi a Silvio Berlusconi. Bossi chiede che si sia amici della Libia per evitare l’arrivo dei clandestini? ” Si, Umberto, do pure un bacetto a Gheddafi”. La Francia ci chiede di bombardare la Libia? “Oui Nicolas, salutami Carlà”. Tremonti taglia sulla spesa sociale? “Va bene Giulio”. Giovanardi si arrabbia perché i soldi per le famiglie non ci sono più? “Non ti preoccupare Carlo, i soldi te li trovo”. Alla Chiesa sarebbero graditi soldi per le scuole private? “Garantiremo il diritto di scelta”. La lobby del nucleare chiede investimenti? “Il nostro futuro energetico è nel nucleare”. Esplode una centrale nucleare in Giappone? “Una moratoria sul nucleare’”. Industriali preoccupati? “La sospensione del nucleare serve solo a far passare un po’ la fifa, andremo avanti”. Poltrone per il voto dei responsabili?  ”Oh, guarda. C’è bisogno di un rimpasto di Governo”.

Fossimo in palcoscenico sarebbe un ottima introduzione ad una farsa. Un bell’inizio di primo tempo che fa pregustare un prosieguo in cui il povero Silvio  si arrabatta per trovare il modo di soddisfate le sue promesse contraddittorie e provoca guai ancora peggiori di quelli che voleva evitare. E tutti si aspettano un sacco di risate.

Ma non siamo a teatro.

Accampati?

Stiamo traslocando.

Dopo mesi di preparativi siamo nella nuova casa e siamo ancora in alto mare.

Siamo nella fase in cui la gran parte delle cose è negli scatoloni e c’è ancora grande confusione.

Mia mogli afferma “Siamo accampati”.

Piano con le parole: il campeggio è una scienza esatta.

In campeggio non si portano i ricordi di una vita e di trent’anni di matrimonio.

Se si porta qualcosa ha una sua precisa ragione. E se poi è un campo mobile si è feroci nelle scelte. Tipo il dentifricio. I più furbi portano lo spazzolino, tanto uno che porta il dentifricio si trova sempre. Poi al campeggio succedono dialoghi come questo: “Hai un po’ di dentifricio?” “Sì, ma ce l’ho solo per me. Un mese fa ho imboscato il tubetto quando ho visto che ne rimaneva giusto giusto per il campo”. Magari poi, cambiando i mezzi, ci si allarga, non sempre con risultati brillanti. La prima volta che partii in automobile, mia mamma mi convinse a portarmi dietro i piatti di plastica. Finì che i vicini di tenda ci invitarono al loro tavolo, perché gli sforzi per mangiare il brodo dai piatti posati per terra erano veramente irresistibili. Per inciso, con la gavetta era sempre andato tutto bene

In campeggio non si va in un posto che non si conosce. O meglio, si va in un luogo che non si conosce , ma si abita un posto noto. Si va in una tenda, in cui sai che non c’è altro spazio che un angolino per lo zaino. E lo zaino ha tasche che conosci. La roulotte, poi, è la propria casa su ruote. Si riempie tutto prima di partire in modo meditato e forse anche razionale. I piatti in cucina, gli abiti nell’armadio, gli attrezzi nel gavone di prua, i libri in biblioteca (è solo una parte di un ripiano, ma è la biblioteca).

Ma in una casa nuova non sai dove mettere le mani. Dov’è il cavatappi? Dove metto il trapano? Dove appoggio i pantaloni? Dov’è finito lo scatolone dei detersivi?

Quando si parte per il campeggio si preparano le cose con razionalità, tanti sacchetti, ognuno con la sua funzione.

Quando si trasloca si comincia col più facile, ad esempio i libri, anche divisi per tipo, le lenzuola, le maglie dell’altra stagione. Poi, man mano, si trovano i problemi. Alla fine si combinano scatoloni eterogenei dove si mescolano cose talmente diverse che per descriverne il contenuto non resta altro che scrivere “varie ed eventuali scrivania”. Restano poi dei rebus tuttora insoluti, come certe piante grasse, strette strette e alte un mezzo metro.

Siamo accampati? Magari!