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Specchio antico

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Ora vediamo come in uno specchio antico (San Paolo)

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Ritagliare una figurina

Il lettore orgoglioso

Il lettore orgoglioso

Ritagliare una figurina. È la prima cosa che mi si chiede per il flash mob legato a “Un mare di libri”.

Ritagliare una figurina! Da quanto tempo non lo facevo! Da bambino tutte le settimane mio papà comprava il “Corriere dei Piccoli” e spesso c’erano pagine di soldatini “da incollare su cartoncino e ritagliare”. Ed io, obbediente, incollavo e tagliavo. Decine di metriquadri di figurine, chilometri di linee da seguire con le forbicine delle unghie. Ussari, fanti, lanzichenecchi, marines, cosacchi, garibaldini, fantaccini, alpini, truppe da sbarco, cavalieri, artiglieri, granatieri, marinai, moschettieri, incursori, balestrieri, trombettieri, tamburini, aviatori, spadaccini, artificieri, arcieri,  sentinelle, ufficiali, sottufficiali, truppa. E io tagliavo, seguendo le linee di divise, elmi, elmetti, criniere, moschetti, archi, zampe, code, fucili, baionette (che fatica le baionette così sottili!), alabarde, spade, foderi, else,walkie-tolkie, stivali, stivaloni, scarponi, mani, guanti, binocoli, bazooka, mitragliatori, pistole, mazze ferrate, draghinasse, sciabole, corazze, scudi, pugnali, persino pale, zappe e picconi dei genieri. E intanto osservavo i particolari di cui il disegnatore (Sergio Toppi o un certo Guido Crepax) puntigliosamente disseminava i disegni: alamari, mostrine, medaglie, borchie, baffi, gradi, solini, colletti, cinture, fibbie, corni da polvere, giberne, bandoliere, caricatori, occhiali, greche, sottogola, bottoni.

Bellissime figurine, che ho tanto ammirato, ma da cui ho poi preso le distanze: guerre ed eserciti non fanno per me. Ed ora una bellissima figurina disegnata da Marianna Balducci, che posso ritagliare e con la quale posso anche identificarmi.

Qual’è la prossima cosa da fare? fotografare? whow!

Se volete partecipare anche voi, qui c’è il link a “Sì, io leggo“.

L'insostenibile leggerezza del leggere

L'insostenibile leggerezza del leggere

Parliamo ancora di tasse sui Bot?

Trovo irritante che si discuta ancora di tasse sui Bot. Perché è un argomento che si presta bene solo a fare della demagogia e ad approfittarsi del fatto che a scuola non si insegna Economia. L’unica cosa che si dovrebbe fare è spiegare che tassare i Bot è una cosa senza senso e che lo Stato, casomai, può fare l’unica cosa di adesso: fingere di tassarli. Ma per dire “è giusto tassarli” o “non è giusto tassarli” basta un fiato, mentre per spiegare perché è assurdo anche solo proporlo ci vogliono diverse righe e questo in politica non funziona. Ma io sono testone e ci provo lo stesso.

Punto uno: Lo Stato per coprire il debito deve ramazzare un tot di denaro e lo fa coi Bot.

Punto due: Per ramazzare il tot di denaro (che non è poco) deve offrire un tasso di interesse che chiameremo T. Se T non è abbastanza alto non ramazza abbastanza soldi.

Punto tre: Tassare i Bot vuol dire diminuire il tasso T, risparmiatori se ne accorgono subito e quindi comprano meno Bot (o niente del tutto) e si rivolgono ad altri investimenti concorrrenziali.

Punto quattro: a questo punto, una volta tassati i Bot, occorre alzare il tasso T di quel tanto che basta per ramazzare comunque i soldi che servono. Siccome i soldi sono sempre dello Stato, il prodotto di questa manovra è zero e quindi si fa solo finta di tassare i Bot, come si fa oggi in Italia. Che l’imposta sia del 12, 5 o del 50% il prodotto ai fini del bilancio dello Stato è lo stesso: zero.

Il resto sono chiacchiere, a partire dai Risparmi della Vecchietta, figura retorica che viene puntualmente evocata quando si vanno a toccare le rendite finanziarie (non i Bot) che sottraggono capitali alle attività produttive per utilizzarli in attività speculative.

Chi ha tolto i centocinquanta Euro?

Chi ha davvero tolto i centocinquanta Euro agli insegnanti è stato Tremonti, complice il silenzio della Gelmini. Lui ha bloccato gli scatti di anzianità per gli insegnanti. Il che ha voluto dire che a tutti gli insegnanti sono stati tolti soldi dovuti per contratto. Tolti dallo stipendio per sempre, perché nessuno sarebbe più riuscito ad averli e questo si sarebbe ripercosso su liquidazione e pensione. Non ci fu nessuno allora che gridò allo scandalo o, se lo fece, rimase confuso fra le tante voci impotenti che denunciavano le storture di una manovra iniqua. Saccomanni ha solo fatto i suoi calcoli da tecnico, atto che lo fa entrare di diritto fra quegli Economisti che si meritano la definizione “Uno che conosce il prezzo di tutto e il valore di niente”.

Caro Grillo

Caro Beppe Grillo, ogni tanto scrivo su qualche giornale. Su di te scrivo sul mio Blog. Non sono iscritto all’Ordine dei giornalisti. Spero che questa piccola formalità burocratica non ti impedisca di mettermi nella lista di coloro che scrivono contro di te.

Ne sarei onorato.

Fotografia non manipolata

La VernaSul  gruppo Facebook “Nikon club Italia” sembra che ci siano due fazioni in polemica fra loro: quella che si vanta di postare foto “Non manipolate” e l’altra che potremmo definire “L’ho photoshoppata. Embeh?” con poche sfumature intermedie.

Dato che appartengo al secondo gruppo vorrei fare chiarezza su una cosa.

Ai Tempi della Pellicola ( detti anche Era Filmassica) le uniche foto che arrivavano agli occhi dello spettatore “non manipolate” erano le diapositive proiettate su una qualche superficie bianca. Il massimo consentito era sottoesporre leggermente per saturare i colori o applicare un Polaroid per scurire il cielo. Gli attrezzatissimi avevano un set di filtri per il bilanciamento del bianco. Qualsiasi stampa a colori (da negativa o da diapo) veniva sottoposta a una filtratura destinata a togliere le dominanti cromatiche, ma che poteva benissimo servire a scaldare un tramonto o intonare di azzurro una nebbiolina montana. Sempre che lo stampatore lo sapesse fare, la complessità del processo non permetteva più di tanto. La filtratura delle stampe più economiche era spesso automatica e quindi spesso serviva più ad ammosciare i toni dei tramonti che ad esaltarli. Un po’ come la regolazione automatica del bilanciamento del bianco. Il trattamento del colore da negativo era, in pratica, quasi sempre delegato a un laboratorio. Alcuni fotoamatori si cimentavano nella stampa delle diapositive con l’Ilfochrome, non facilissimo da dominare.

Quello che succedeva al bianconero era tutt’altra cosa. Vediamo quali scelte sono a disposizione di un fotografo esperto ed attrezzato. Si comincia con lo scegliere la pellicola e già lì si condizionano contrasto e grana. Si può applicare un filtro all’obbiettivo, in modo da schiarire alcuni colori e scurirne altri. Un assortimento di vetri dal giallo al rosso permette di ottenere il cielo nel tono voluto di grigio, fino ad un drammatico nero, un filtro verde schiarisce i boschi. Poi l’esposizione, che non è detto sia quella corrispondente alla sensibilità “ufficiale”. Si può sottoesporre e poi forzare lo sviluppo per ottenere più contrasto e più  grana, oppure fare l’esatto contrario. Al momento dello sviluppo (e non parliamo necessariamente di sistema zonale) si può scegliere fra più rivelatori, anzi si parte con già in mente una combinazione pellicola-rivelatore per ottenere particolari risultati. Pellicola a bassa sensibilità su cavalletto e rivelatore finegranulante per ottenere stampe dove la grana non si vede neanche a 30×40? Oppure pellicole tirate a 3200 ISO anche in pieno giorno prolungando lo sviluppo per ottenere una drammatica granulosità come se il mondo fosse fatto di carta vetrata? Liberi di farlo e di sperimentare le più svariate e improbabili combinazioni fra pellicole e sviluppi. Anche in questo passaggio, naturalmente, si hanno effetti su contrasto e  nitidezza.

Poi la stampa, su una carta che può avere una superficie lucida, opaca, seta o camoscio. Si inquadra, se necessario si raddrizza, se si vuole si opera un taglio diverso, ingrandendo un po’ di più. Si può prendere anche in considerazione la possibilità di correggere almeno un po’ le linee cadenti, inclinando il marginatore. A questo punto si scelgono l’esposizione e il contrasto della carta. Anzi, le esposizioni e i contrasti. Il minimo è ombreggiare le parti scure e dare un’ulteriore “bruciatura” alle alte luci. Con le carte a contrasto variabile nessuno ci vieta, ed è anzi caldamente raccomandato, di dare una prima esposizione breve col filtro per il contrasto più alto alle ombre e proseguire poi con una esposizione più lunga e filtro morbido alle alte luci. Non è poi così difficile aggiungere qualche nuvola a un cielo piatto.  Per questa bisogna veniva raccomandato di tenere a disposizione una collezione di nuvolette riprese in varie condizioni di luce. I più raffinati scelgono poi bagni particolari per intonazioni calde o fredde.

Così nascono le stampe che ammirate nelle mostre. Ansel Adams diceva che “La pellicola è lo spartito, la stampa è l’esecuzione”.

Fare esperienza su quanto esposto sopra costava tempo, pazienza e soldi. Solo ripetere una stampa con due diverse gradazioni di contrasto poteva richiedere una mezz’oretta. Figuratevi voi come può aver reagito un fotografo che, come me, ha fatto l’esperienza della camera oscura all’arrivo del digitale. In breve mi sono reso conto che:

  • spostando un cursore potevo vedere immediatamente quello che sarebbe successo alla foto senza doverci spendere tempo e preziosi fogli di carta sensibile.
  • potevo fare col colore, in maniera semplicissima, quello che facevo col bianconero.

A questo punto, come conclusione, mi sento di dire che la foto “non manipolata” non esiste e non è mai esistita. Qualsiasi foto che esce da un fotocamera digitale subisce, per forza di cose, una elaborazione dei dati. Questa elaborazione viene fatta dal programma per la visualizzazione nel caso dei file Raw (che non sono immagini) e direttamente dalla fotocamera nel caso delle compatte. In quest’ultimo caso possono essere inserite nel programma di elaborazione funzioni che agiscono sul  contrasto, la saturazione o la nitidezza. Così può capitare che, alla prima visualizzazione, immagini riprese da una compatta risultino di maggior effetto di quelle scattate con una reflex nelle stesse condizioni.

Se è vero quello che diceva Ansel Adams, la foto “non manipolata” è un’esecuzione per pianola meccanica.

Nascita di una bufala di successo

Unione Europea multa l’Italia per l’uso dei bidet” è il titolo di una notizia lanciata dal sito “AnsIa Press” che sta avendo un certo successo sul Web. Afferma che l’Italia verrebbe multata dall’Unione Europea per lo spreco di spazio e acqua costituito dai bidet. L’ho trovata per la prima volta segnalata su Faceboook e mi sono divertito a vedere come qualcuno abbia abboccato. Infatti, incuriosito da alcuni indizi come l’entità della multa e una dichiarazione troppo demenziale anche per la Lega, sono andato a controllare: il sito AnsIa Press, in un’altra pagina, dichiara apertamente il suo carattere satirico. Nonostante questo qualcuno l’aveva rilanciata e commentata come vera.

Bene, dopo qualche bonaria presa in giro agli amici, ho pensato fosse finita lì. Ma ieri mi vedo riemergere la notizia, stavolta nel contesto di un sito filonazista, come se fosse vera. e giù commenti contro l’Europa. E allora ho fatto una ricerca su Google. La notizia comincia a viaggiare. Accanto a siti che giustamente la smascherano, altri la pubblicano così com’è, citando o meno Ansia Press. Alcuni blog la riassumono, togliendo i riferimenti che possono aiutare a scoprirne la natura. Il caso più stupefacente si trova in questo sito dove il redattore, a beneficio di “chi non è informato” (sic!) aggiunge una serie di riferimenti legislativi, tutti volti a dimostrare i danni che l’Europa farebbe alla nostra economia.

Così una innocente burla, spinta dal vento della diffidenza verso l’Europa, rischia di diventare una di quelle verità che fanno furore nei bar e aggiungono un altro mattone al muro della diffidenza verso l’Europa. Eppure nel post originale il link alla pagina “Chi siamo” è ben evidente e chi si prende la briga di rilanciare una notizia dovrebbe almeno controllare la fonte prima di farlo. Ma forse se la notizia è in consonanza con le nostre convinzioni abbassiamo la guardia e siamo meno cauti nel verificarla. E ho il sospetto che un’analoga notizia del tipo “Il cardinal Von Stinken (me lo sono inventato) ha affermato (non è vero) che l’uso del bidet non è degno dei bravi cristiani (è falso)” troverebbe qualcuno (di altro orientamento ideologico) che sarebbe subito pronto a rilanciarla col suo blog/twitter/pagina Facebook/forum/chi più ne ha più ne metta.

Temi etici?

Ma a chi spetta decidere se un tema è etico o no? Buttare soldi in strumenti di morte non ha forse a che fare con l’etica? Ed essere complici della deportazione di una donna, perseguitata solo perché si oppone ad una dittatura, e di sua figlia innocente? Non ha niente a che fare con l’etica? Non ‘c’entra con l’etica corrompere i giudici? Evadere le tasse? Cercare di buttare all’aria il sistema giudiziario di un paese solo per difendere un solo potente colpevole? Perché questi non sono “temi etici”? Spiegatemelo. Chi si arroga il potere di decidere che questo è un tema etico e quello no?

I due gelatai

Spiaggia

Spiaggia

Qualche volta per illustrare qualche aspetto della politica, in salotto o al bar, uso il “modello dei due gelatai”, che vado ad esporre.

Su una spiaggia lunga un chilometro le postazioni ideali per due gelatai sono quelle a 250 metri dagli estremi, in modo che nessun cliente debba fare più di 250 metri per comprarsi un gelato. Ma se uno dei due gelatai si sposta un in posizione un po’ più centrale, guadagna clienti al centro senza perdere quelli agli estremi, che saranno costretti a fare un po’ più di strada, sbrontoleranno un po’, ma se vogliono un gelato non hanno scelta.

Con questo discorsino si fa sempre bella figura, in un salotto o al bar, e si passa facilmente per esperti di politica. Ve lo raccomando.

Solo che… vabbè, si tratta di un modello, di una semplificazione, non è detto che tutto funzioni proprio così, ma alcune cose, tipo che alcuni partiti fanno a gara per i voti del centro, vengono spiegate efficacemente.

Solo che… non è mica detto che i modelli debbano rimanere così e non si possa aggiungere qualcosa, tanto per capirci di più.

Ad esempio, prendiamo quella gelateria lì a sinistra, la Prodotti Dolciari, nata dalla fusione di due antichi marchi, la Dolci Coni e la Premiata Cremeria Italiana. La strategia di spostarsi al centro l’ha capita molto bene e la attua con piglio deciso. Ma i suoi clienti non ne sono entusiasti. Intanto, la cosa che i clienti degli estremi si rassegnano e scarpinano un po’ di più, non funziona più di tanto. Sarà che quelli della sinistra della spiaggia vengono da quartieri un po’ più popolari dove il malumore è di casa, ma non l’hanno presa bene. Così all’estrema sinistra ogni tanto salta fuori un gelataio nuovo, che, un po’ per i mugugni e un po’ perché ci sa fare, riesce a piazzare un bel po’ di coni. Adesso c’è Sorbetti E Leccornie, che miete consensi per i sui gusti popolari e vendola… pardon, vende parecchio. Inoltre qualcuno, indispettito dall’allontanarsi della Prodotti Dolciari dalle sue storiche posizioni ha deciso che si può anche fare a meno del gelato. C’è poi da considerare che la Prodotti Dolciari non se la passa proprio bene. La fusione fra Dolci Coni e Premiata Cremeria Italiana non è riuscita come si sperava. L’ideatore della cosa è stato allontanato brutalmente, anche se si era dimostrato essere l’unico in grado di tener testa alla gelateria di destra, la Pralineria Del Lusso. I gelati della Prodotti Dolciari appaiono spesso pallide imitazioni della Pralineria, alla quale una parte della clientela di centro sembra fortemente affezionata. Inoltre fra i dipendenti delle due vecchie ditte non sempre c’è collaborazione e permane una forte diffidenza reciproca. Tuttora i lavoratori tendono a schedare i colleghi in base all’appartenenza passata all’una o all’altra ditta, affidabili gli uni, poco raccomandabili gli altri. In questo clima non si lavora bene e i clienti spesso devono assistere a poco dignitose discussioni fra i dirigenti e un giovanotto che vuole rottamare tutto o vengono accolti da un attempato signore baffuto dal fare sprezzante.

In questa situazione la Pralineria Del Lusso ha buon gioco a reggere la concorrenza. Un po’ perché nella parte destra della spiaggia prevale una clientela aristocratica che mai si servirebbe dai gelatai della sinistra dall’aria plebea, un po’ perché la Pralineria Del Lusso ha trovato un venditore eccezionale, che con le sue chiacchiere è capace di incantare un po’ tutti. Si dice persino sia riuscito a vendere qualche sorbetto ai dipendenti della concorrenza, c’è chi dice al giovane commesso, chi all’attempato baffuto. E continua a vendere con successo, anche se lo specialista del settore pistacchio si è allontanato dalla bottega e per il momento sta per conto suo, affrontando qualche difficoltà per il fatto che i figlio è stato beccato a raccogliere con le mani il gelato dal bidone e a leccarsi le dita. Ma il titolare della Praline Del Lusso ci sa fare: con un Happy Hour ogni tanto e qualche offerta speciale al momento giusto riesce ancora tenersi la clientela. Ed è sicuro che lo specialista del pistacchio, al momento buono, tornerà. Intanto finge di accordarsi con la Prodotti Dolciari, ma finora ha solo tirato dei gran bidoni (metaforici, non quelli del gelato).

C’è poi da fare un’altra aggiunta al modello: è arrivato il Gelataio Ambulante. Costui è un tipo furbo, ha capito che stare immobili in una posizione non conviene, va in cerca delle zone a maggior affollamento e propone i suoi Multigusti 5 Star con inaspettato successo. La tattica al momento è vincente, anche se non è molto bello andare in giro dicendo che i titolari delle altre gelaterie sono morti o comunque chiuderanno presto.

Bene, ora il modello è più completo. Ma prima ci capivo qualcosa, adesso non capisco più niente.

Parlare male del Papa? Si può

Come si fa a parlare male di questo Papa così simpatico? A prima vista, no,non si può. Eppure, visto che sta pestando più di un callo in qua e in là, qualcuno il problema se lo deve essere posto.

Ecco alcune soluzioni reperite finora in giro.

1) Non lui ma chi lo segue. Non si può parlare male di un Papa simpatico che parla di Pace e di uguaglianza? Allora (Libero) si attaccano quelli che gli danno ragione: i “pacifisti” e i “buonisti” che lo “strumentalizzano”. Ma seguire le vie della Pace e della fratellanza vuol dire sempre e comunque avere dei secondi fini?

2) Ancora sui fedeli: “Ma che brutto gregge ha ’sto pastore”! Così suonano le argomentazioni di Rino Camilleri su “La bussola quotidiana”: “Se è questo il papa giusto per l’ora presente, allora vuol dire che è l’ora presente a costituire problema”, parole che non nascondono un certo disprezzo per un Papa che è (o sembra) più simpatico che teologo.

3) Ed infine (per ora): “Lui badi a fare il Papa che noi facciamo come ci pare”, parafrasi dell’ultima uscita dell’on. Cicchitto che, dicendo che una cosa è predicare, un’altra governare, sottintende che le sue parole sono belle, ma inapplicabili.

Questo è quanto, per ora. Vi terremo aggiornati.

Bel Gesto

I Grillini hanno festeggiato il loro “Restituton Day” omologandosi alla cattiva abitudine di dare un nome forestiero alle cose per farle sembrare più attraenti.

Gran bel gesto simbolico: hanno rinunciato a parte della loro diaria e adesso la restituiscono allo Stato. Quello che non convince è la loro insistenza sulla cifra, 1.569.951,48 Euro per la precisione, quasi che quella cifra fosse il risultato del loro lavoro politico. Intendiamoci, è una cifra che al cittadino medio può fare impressione. Con quella cifra, per dirne solo una, il cittadino si potrebbe comprare l’intero condominio e sfrattare l’inquilino del piano di sopra che butta giù le briciole e fa sgocciolare i gerani (o forse farsi una villetta per conto proprio). Ma per lo Stato non è gran che e, soprattutto, le persone non vengono elette per fare l’elemosina allo Stato.

Un milione e mezzo (arrotondiamo) è solo lo 0,04% della somma necessaria per toglier l’IMU dalla prima casa o evitare l’aumento dell’IVA. Visto che la cifra è riferita a tre mesi e in un anno fanno sei milardi, ci vorrebbe la diabolica cifra di 666 anni (e otto mesi) di diarie grilline per togliere agli Italiani un anno di IMU.

Ma soprattutto gli elettori (di solito) non mandano persone a Roma perché facciano elargizioni allo Stato attraverso accurati studi di mercato sul prezzo dei panini imbottiti. Li mandano perché governino  e facciano leggi, cosa che i Grillini non hanno voluto fare.

Facciamo un esempio.

Secondo la Corte dei Conti la corruzione costa allo Stato (e quindi ai cittadini) la bella somma di sessanta miliardi in un anno, corrispondenti a un dieci millenni di diarie grilline (se non ci credete la calcolatrice si trova fra gli accessori di Windows, sessanta miliardi si scrive con 10 zeri e sei milioni con sei). Una buona legge anticorruzione, a partire da norme efficaci contro il falso in bilancio, con un Governo in cui Berlusconi ha potere di veto è semplicemente impensabile, mentre sarebbe possibile con una maggioranza diversa, ad esempio come quella che i Grillini hanno rifiutato di fare con il PD.

Fin troppo semplice tirare le conclusioni. Io personalmente sarei stato ben contento che si fossero tenuti le diarie, ma avessero votato una buna legge sul falso in bilancio. O magari che la riduzione dei costi della politica si fosse fatta con una legge e non con elargizioni personali.