Sei politico
Mille grazie al Preside del Liceo Keplero, Antonio Panaccione. Grazie per aver chiarito con il suo intervento cos’è davvero il sei politico.
Nel ‘68 avevo sedici anni e pertecipai attivamente alle lotte studentesche. Oggi patisco nel vedere tuttel le nostre aspirazioni ridotte al sei politico.
Ora il Preside Panaccione ha fatto un discorso chiaro: se non ci sono i soldi per i recuperi possiamo solo dare il sei politico o bocciare in massa.
Indica di fatto tre strade, che nel ‘68 avevamo ben presenti.
Una è quella che rifiutavamo: la scuola di classe. Vanno avanti quelli che possono, quelli che dalla famiglia hanno ricevuto una buona educazione di base e che, se hanno difficoltà, possono permettersi le lezioni private o anche l’iscrizione a quegli istituti privati che non meritano il nome di scuole, ma di diplomifici. E anche quelli che non devono lavorare per mantenersi agli studi o quelli che non si devono barcamenare fra due genitori divisi. L’ultima categoria nel ‘68 non c’era, la precedente non si è affatto estinta, ci pensano gl’immigrati a mantenerla in vita.
Se si vuole una scuola che mandi avanti secondo le capacità e non secondo il censo, allora c’è il sostegno. La scuola deve agire sulle differenze di partenza sostenendo gli alunni in difficoltà. Lo Sato interviene per rimuovere gli ostacoli affinchè ogni alunno possa esprimere al meglio le proprie capacità. Fatto questo deve agire con rigore per certificare e garantire irisultati raggiunti. Su questa linea si sono mossi i Ministri di sinistra, a partire da rosa Russo Jervolino che, rimuovendo alcuni ostacoli burocratici, per prima rese possibile il sostegno. Allo stesso modo si mossero poi Berlinguer e Fioroni, giungendo a stabilire l’obbligo del sostegno sia per la scuola che per l’alunno.
Poi c’e il sei politico, che nacque come ripiego: se non ci date la preparazione dateci almeno il diploma. Rivendicazione stracciona, che però ebbe un grande successo. Prima presso la stampa, sulla quale le idee semplici esercitano sempre un fascino irresistibile, poi anche sui politici, ai quali non pareva vero poterci bollare come quelli che vogliono il diploma senza studiare. Però sottobanco cominciò a passare la logica della promozione facile: chi viene promosso non protesta. Una delle prime conseguenze fu quell’esame “sperimentale” che andò avanti per una generazione e che permetteva di abbandonare lo studio di intere materie. Poi ci fu davvero chi applicò il sei politico, sebbene senza averlo dichiarato: il Ministro D’Onofrio che decretò l’abolizione dell’esame di riparazione, per cui chi non veniva bocciato era automaticamente promosso senza che ci fosse un reale obbligo di recupero.
Ora la lettera del Preside Panaccione chiarisce le cose: se si vuole il rigore senza il sostegno, che sembra essere la linea del Ministo Gelmini, si torna alle bocciature di massa. Oppure si sceglie la comoda via del sei politico.
Grazie Preside.