Un falso di successo
Cento anni fa il Times pubblicava una clamorosa inchiesta in cui dimostrava che un libro di grande diffusione era in realtà un falso. Ma nonostante ciò ha continuato a circolare e, purtroppo, a fare danni. Stiamo parlando dei “Protocolli dei Savi di Sion” un libercolo che pretendeva di riportare i verbali di un complotto ebraico per dominare il mondo. “È poco credibile” scriveva Umberto eco nella presentazione del libro “Il Complotto” di Will Eisner, “che i cattivi esprimano in modo così scoperto e svergognato i loro malvagi progetti. Ma quello che appare incredibile è che questo falso sia rinato dalle proprie ceneri ogni volta che qualcuno ha dimostrato che si trattava di un falso, al di là di ogni dubbio”. Vediamo la storia.
Certamente Maurice Joly, scrittore, nel 1864 non poteva immaginare quello che avrebbe provocato il suo libro “Il dialogo all’inferno tra Machiavelli e Montesquieu”. La sua intenzione era di screditare Napoleone III mettendo in bocca a Machiavelli una descrizione dei meccanismi che permettevano ai potenti di dominare il popolo. Bisogna riconoscere la bontà del suo lavoro, visto il successo delle sue analisi. Non andò così per il sogno di Joly di ribaltare il potere di Napoleone III: Il libro fu proibito e gli valse un anno e mezzo di prigione. Joly per la sua attività sovversiva ebbe altre condanne e morì suicida nel 1878. Avrebbe potuto finire tutto lì.
Nella Russia zarista
Andiamo ora in Russia. Nel 1984 sale al trono Nicola II, uomo facilmente influenzabile. Fra i suoi consiglieri più ascoltati c’è Sergei Yulievich Witte che gli propone idee troppo moderne per i conservatori di corte. L’antisemitismo era ben radicato nel paese e alcuni pensarono di screditare le idee per modernizzare la Russia facendole passare per un complotto ebraico. Ci volevano però dei documenti per avvalorare questa tesi. Decidono allora di fabbricarli, con la complicità dei servizi segreti che per questi lavori hanno al loro servizio un abile falsario, Mathieu Golovinskij. Gli commissionano un libro basato proprio sui dialoghi all’inferno di Joly. Nelle mani di Golowinskij il libro di denuncia diventa la storia di un complotto giudaico: un gruppo di sette savi ebrei si riuniscono per ordire una trama per dominare il mondo e tutto questo viene raccontato sotto la forma di verbali delle loro riunioni segrete. Una trama inverosimile, nessuno metterebbe per iscritto i propri complotti segreti. Il libro esce in Russia nel 1905 e, grazie alla diffidenza verso gli Ebrei, ha successo. Si diffonde anche all’estero: in America Henry Ford lo pubblica a puntate su un suo giornale, in Inghilterra esce nel 1920 col titolo “Il pericolo ebreo” e Winston Churchill ne parla in un lungo articolo.
Il falso svelato
Solo un anno dopo un corrispondente del Times riceve da un emigrante russo una copia dei Dialoghi di Joly con la rivelazione che ampi stralci del libro si ritrovano nei “Protocolli”. La conclusione è chiara: non può essere che un falso. Così nell’agosto del 1921 l’autorevole giornale smaschera il libro, con la convinzione di aver messo la parola fine alla truffa. Ma anche se qualcuno, come Henry Ford, si ricrede, il libro continua a diffondersi.
Fra i paesi in cui i “Protocolli” sono usciti c’è la Germania, dove il giovane Adolf Hitler ne usa i contenuti per fare proseliti nelle birrerie di Monaco. Quando finisce in prigione scrive il suo libro “Mein Kampf” dove cita ampiamente i “Protocolli” come base per le sue affermazioni. La crisi del paese è profonda, Hitler fornisce al popolo tedesco un nemico a cui dare la colpa: i Savi di Sion e l’intera razza ebraica. Lui e il partito nazista useranno i protocolli nella propaganda fino alla fine. Quello che è successo agli Ebrei è noto.
Le edizioni si moltiplicano
Il libro però sopravvive anche al crollo del Nazismo e le edizioni si moltiplicano, nonostante le comunità ebraiche riescano ad ottenerne la condanna per diffamazione da tribunali di tutto il mondo. Il Ku Klux Klan ne ha fatto un testo di riferimento e viene tuttora diffuso ampiamente nei paesi musulmani. Nel 1970 viene edito in Italia da Ordine Nuovo. Ancora nel 2019 il senatore Lannutti in un tweet lo cita per denunciare il potere dei banchieri ebrei e viene incriminato per istigazione all’odio razziale.
Cosa ha determinato il successo dei “Protocolli”? Indubbiamente Joly nei suoi Dialoghi aveva fatto un buon lavoro: alcuni brani sul debito pubblico possono spiegare dinamiche tuttora presenti nella società. Ma l’autore dei “Protocolli” ha compiuto un passaggio cruciale: le dinamiche economiche diventano macchinazioni gestite da un ristretto gruppo di potere al quale attribuire la colpa di tutti i guai. Questo aiuta a spiegare le giustificazioni date sul fatto che vengono citate nonostante siano un falso. Citiamo ancora Umberto Eco: “Il ragionamento è impeccabile: «I Protocolli potrebbero essere falsi, ma raccontano esattamente quello che gli ebrei pensano e quindi devono essere considerati autentici». In altre parole non sono i protocolli a produrre antisemitismo, è il profondo bisogno di individuare un Nemico che spinge a credere ai Protocolli”. Prova ne sia che il loro contenuto può funzionare anche senza il popolo ebraico. Come afferma Domenico Dario Curtotti nella introduzione dell’edizione delle “Edizioni Clandestine” i “Protocolli” sopravvivono anche all’antisemitismo. L’ossessione del potere occulto e manipolatore rende la letteratura cospiratoria morbosamente attraente. Così non è difficile trovare in rete gli stessi meccanismi dei “Protocolli” attribuiti però alla setta degli Illuminati.
I protocolli si riciclano
I “Protocolli” quindi possono anche riciclarsi sotto altre forme e sopravvivere persino se si ammette la loro origine apocrifa. Nel cercare in rete materiali per questo articolo abbiamo trovato un libro edito nel 2020 che li cita nel titolo e si presenta così: “Tutto si è avverato esattamente come pianificato nei Protocolli dei Savi Anziani di Sion del 1905: La privazione della sovranità delle nazioni europee, la loro soggezione alla Grande Finanza Internazionale attraverso il ricatto del Debito (…), oggi anche con pandemie architettate. (…) Non conta tanto chi ne fu l’autore (e il popolo ebreo non ha nulla a che vedere con essi) quanto la fondatezza del loro contenuto”. Insomma, per dirla ancora con Umberto Eco, ci si giustifica dicendo: «I Protocolli confermano la storia che ho tratto da essi quindi sono autentici».
Ci libereremo dell’influenza di quest’opera? Sarà molto difficile, ma pensiamo sia valsa la pena di parlarne.
Pubblicato sul numero 4/2021 Luglio-Agosto del giornale “Sempre” http://semprenews.it