Continuità didattica? Cos’era?
Scusate il titolo volutamente provocatorio, ma è una reazione alla notizia che il ministro Fedeli vuole ripristinare la continuità didattica intervenendo sul contratto degli insegnanti. Alla domanda di un giornalista “Non ha appena cancellato la norma della riforma che prevedeva che i prof stessero tre anni nella stessa scuola?” ha risposto come se la domanda fosse pertinente “Solo per chi si è spostato quest’anno. – ha precisato il ministro – Vorrei dal prossimo settembre che gli studenti trovassero i loro insegnanti in cattedra e possibilmente per tre anni. La continuità va incentivata”.
Quindi il Ministro pensa che la colpa della mancata continuità didattica sia dei trasferimenti degli insegnanti e il problema si risolverà tenendoli fermi per tre anni nello stesso posto? Si sbaglia, signora Ministro. Se un insegnante rimane tre anni (o quattro, cinque o dodici…) nella stessa scuola i suoi alunni correranno comunque il rischio di vederlo sparire dopo un solo anno e lui di dover prendere in carico ogni volta classi completamente nuove.
La continuità didattica nella scuola italiana, una volta c’era. Ma non è sparita perché gl’insegnanti si sono messi improvvisamente a chiedere trasferimenti come se non ci fosse un domani. Non c’è più dal 2003 perché il Ministro Moratti, presa forse da un impeto di giustizia ma più probabilmente da più concrete esigenze di cassa, decise di far sparire le “cattedre orario”, cioè quelle con orario inferiore alle diciotto ore. Queste cattedre erano state previste dalla riforma Gentile proprio per garantire la continuità didattica: Se l’insegnamento di una materia in un corso prevedeva un numero di ore inferiore a 18 (ad esempio 16) le restanti rimanevano a disposizione della scuola senza essere impiegate in classe. Portare tutte le classi a 18 ore voleva dire andare a pescare nel monte ore di un altro insegnante, il quale a sua volta prendeva le ore da un altro corso e così via. Con la conseguenza di attivare ogni anno combinazioni diverse ed anche di spezzettare gli insegnamenti, dividendo, ad esempio, italiano da storia. A suo tempo ho fatto un’analisi più approfondita delle conseguenze in un articolo per Fuoriregistro ed è stato tutto confermato dall’esperienza.
Quindi, signora Ministro, se vuole ripristinare quella bella e sacrosanta cosa che era la continuità didattica, lasci perdere i trasferimenti degli insegnanti e ripristini invece le cattedre orario.
Nel caso voglia farlo, le auguro buona fortuna.