Questo non è un post sul referendum
Avevo dei criteri per giudicare la bontà degli interventi nel dibattito politico. Ho un debole per le argomentazioni vere, quelle che affrontano il nocciolo del problema, che vanno al punto.
Non sopporto invece i mezzucci, le false argomentazioni, quelle che non affrontano il problema, che cercano un diversivo.
Faccio alcuni esempi.
Cominciamo dal delegittimare l’avversario. Non si parla del tema, si dice che chi è contro non vuole il progresso, fa gli interessi delle lobby, è legato a vecchi schemi e così via. il tutto senza nessuna giustificazione. Questo metodo ha anche delle varianti, come quello di appioppare etichette o, peggio, nomignoli. Si etichetta l’avversario con qualche appellativo che gli resta appiccicato. Facile bollare l’altro come fascista o comunista chiunque esprima idee appena appena dissonanti dalla propria ortodossia. Ma bisogna pure avere un po’ di fantasia per farsi notare. Così l’avversario diventa boiardo, gufo, servo. Se ne deforma il nome, che diventa pregiudizio, marchio d’infamia: la riforma diventa “schiforma”, “Il Fatto quotidiano” diventa “Fattone quotidiano”.
All’estremo c’è quella che viene chiamata ironicamente la “Reductio ad Hitlerum”: l’avversario viene paragonato ad Hitler, Stalin o altri personaggi repellenti in modo da applicare a lui tutta una serie di pregiudizi.
Per difendere le proprie azioni sbagliate se ne evocano altre dell’avversario per stabilire che lui non è migliore, non importa la gravità dell’azione. Non importa se questo finisce col distruggere la morale, non c’è un punto di riferimento, basta dimostrare che “gli altri” non sono meglio dei “nostri”. Il male dei “nostri” diventa lecito attraverso il male degli “altri”.
Ho sempre osservato il dibattito politico tenendo conto del criterio della qualità delle argomentazioni che non è stato criterio determinante, ma è servito a confermare scelte fatte su considerazioni ben più consistenti.
Ma adesso il livello del dibattito si sta appiattendo verso il basso in maniera impressionante, i leader degli schieramenti sembrano fare a gara a chi fa peggio. Sempre meno politici argomentano le loro affermazioni, sempre più ricorrono all’attacco all’avversario. Se ho deciso di non partecipare attivamente alla campagna referendaria è anche per non rischiare di venire associato a personaggi dell’una o dell’altra parte di cui non ho alcuna stima.
Su questo fronte le cose vanno sempre peggio. E per cambiarle non basterà un sì. E nemmeno un no.